SALA TEATRO RIDOTTO

La Sala Teatro Ridotto viene inaugurata il 9 giugno 2012 per volontà dell’attrice ed autrice Mara Di Maura che decide di trasformare un antico magazzino di famiglia sito in via Strano 25, nel cuore del quartiere Cibali di Catania a pochi passi dal Lavatoio pubblico e dallo Stadio Massimino, in un piccolo ma confortevole ed elegante spazio teatrale dedicato alla memoria del nonno dei suoi figli, il compianto regista teatrale catanese Franco Calogero, direttore artistico di un altro Ridotto, il Teatro Ridotto Eventi di via Mazza non più esistente, da cui mutua il nome.  

La Sala è da sempre sede operativa del laboratorio La bottega dell’attore diretto da Mara Di Maura e, negli anni, ha prodotto più di 30 spettacoli, tra rappresentazioni conclusive del corso e opere teatrali tra cui classici di tradizione (Nino Martoglio, Luigi Pirandello, Giovanni Verga, Cechov, Euripide, Aristofane, Machiavelli), contemporanei (J.Genet, E. Ionesco) e lavori scritti dalla stessa Di Maura contaminando spesso prosa, musica, canto, danza ed arti visive. Tali opere nella messa in scena di Mara Di Maura, laddove patrocinati da Enti comunali, sono stati replicati anche in rassegne estive.

Lo spazio viene messo a disposizione anche come sala prove, per corsi o spettacoli di produzione esterna ed eventi culturali di vario tipo (cabaret, mostre, presentazioni di libri, convegni ecc..)       

 

Contatti: Mara Di Maura, direttore artistico   maradimaura@virgilio.it     Cell. 3924544233

 

Qui di seguito scheda tecnica e pianta della sala:    

Posti a sedere: 30

Illuminazione: n° 7 fari PAR56 con gelatina

Dimmer: 8 canali

Mixer audio: 8 canali

Casse acustiche: 2 piazzate sopra il palco

Camerini: n° 2 dietro il palco

Dimensioni palco: altezza da terra cm. 30 – larghezza cm. 370 – profondità cm. 280

“La cantatrice calva”: omaggio a Franco Calogero (7, 8, 9 ottobre 2016)

Franco Calogero è stato un prestigioso e talentuoso regista teatrale catanese scomparso prematuramente nel 2004. Nella sua più che trentennale carriera ha diretto, tra gli altri, attori del calibro di Oreste Lionello, Maria Grazia Buccella, Carlo Croccolo. Tanto la scelta delle date dello spettacolo quanto quella del testo non sono state casuali: Franco Calogero proprio il 7 ottobre 1947 era nato e “La cantatrice calva” è stata la sua più longeva regia che lo ha impegnato, a più riprese e in diverse edizioni, per un trentennio, dalla fine degli anni Sessanta alla fine degli anni Novanta. Egli era, inoltre, fondatore e direttore artistico del Teatro Ridotto Eventi di via Mazza a cui, per l’appunto, la nostra sala di Cibali è dedicata e sentivamo, pertanto, come un atto doveroso rivolgergli questo tributo. Un sentito ringraziamento va, senz’altro, rivolto ad Aldo Mangiù, figlio di Carlo, altra compianta figura che ha fatto grande la tradizione teatrale catanese: Aldo, oltre a rappresentare la “memoria storica” della regia dello spettacolo, avendo preso parte, negli anni, in molteplici ruoli, a diverse edizioni della stessa, si è gentilmente prestato ad aiutarci tanto nella ricostruzione della regia, quanto nell’interpretazione di uno dei protagonisti.

“La cantatrice calva” di Eugene Ionesco (1950), riconosciuta come il testo più rappresentativo del genere del “teatro dell’assurdo” e definita dallo stesso autore “un’anti-commedia”, costituisce non solo una critica dello scrittore rumeno naturalizzato francese alle convenzioni cristallizzate nella tradizione teatrale, ma anche, e soprattutto, una fortissima denuncia dell’incomunicabilità e del “non sense” della comunicazione nella società contemporanea.
In tal senso si tratta di un’opera chiaramente anticonformista e, certamente – oggi forse più che ieri – attualissima, non a caso, ininterrottamente rappresentata dal 1957 al Teatro della Huchette di Parigi.
Gli spettatori si troveranno catapultati in una rappresentazione teatrale solo all’apparenza tradizionale (l’ambientazione è costituita da un classico “interno borghese”): in realtà ben presto essi si accorgeranno, man mano che si procederà nella messinscena, che Ionesco opera dall’interno della commedia di tradizione alla quale il pubblico è abituato solo per corroderla, stravolgerla e ribaltarla del tutto.
I personaggi si riveleranno interscambiabili, come fossero scatole vuote, vessilli di un’umanità oggi sempre più spersonalizzata. I loro dialoghi saranno scanditi da pause e silenzi che sottolineeranno l’incomunicabilità della parola ed enfatizzeranno la reciproca incomprensione ed indifferenza.
Le parole diverranno esse stesse etichette svuotate del loro significato e, pertanto, incomprensibili. Tale straniamento e corrosione del dialogo e della parola fa sì, pertanto, che esse possano essere impiegate -come accade nel finale –in quanto meri strumenti di sfogo dell’unico sentimento rimasto nella società odierna: la rabbia, che si fa, difatti, suono disarticolato, feroce, quasi animalesco.
Il sorriso dello spettatore scaturirà tanto dalla parodia caricaturale dei personaggi (nei quali può benissimo rispecchiarsi) quanto dal non- senso del dialogo (incomprensibile): il tutto con un effetto di sfalsamento e contraddizione evidentemente risibile.                  
In questo senso anche il tempo, sottoposto ad una definitiva alterazione, contribuisce ad ingigantire gli effetti di “assurda” comicità dell’opera.

Mara Di Maura